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Cinisello Balsamo : San Paolo, 2022
Abstract: Un dialogo appassionato tra due amici, una giornalista e un sacerdote, che si estende sui temi del senso della vita e della forza dell'amore. Un fortunato incontro che riesce a dare frutto anche dopo la prematura scomparsa di lui: don Antonio Anastasio è morto di Covid il 9 marzo 2021. Oltre al vivido ricordo che ha lasciato nelle persone che ha incontrato, di don Anas restano moltissimi scritti che testimoniano l'approfondimento della sua ricerca spirituale, la sua vasta cultura, la sua umanità. Questo volume raccoglie alcune omelie pronunciate in occasione dei matrimoni dei numerosi giovani che ha accompagnato nel cammino del fidanzamento. Sono testi semplici e ricchi di saggezza e di senso del Mistero, impreziositi dai commenti di Marina Corradi, in un ricco contrappunto di pensieri, suggestioni, ricordi, che ci restituisce l'intensità delle loro conversazioni sui temi della coppia e della famiglia.
27 agosto 2023 alle 11:23
È un dialogo "a distanza", su tematiche profonde e avvincenti, quello che si legge nel libro Non dimenticate il desiderio. Le prime pagine ci presentano i due interlocutori e ci rivelano il loro legame di sincera amicizia: don Antonio Anastasio (Anas) è un sacerdote ammalatosi di covid e in poche settimane tornato alla casa del Padre il 9 marzo del 2021, Marina Corradi una giornalista che ha lo ha incontrato qualche anno prima ed ha avuto con lui un intenso scambio di messaggi conclusosi il 3 febbraio di quello stesso anno.
Dopo lo scambio di messaggi riportati in apertura del volume, il dialogo a distanza prosegue nel libro con venti omelie pronunciate da don Anastasio ad altrettanti matrimoni, seguite via via dalle riflessioni che queste suggeriscono oggi all'animo travagliato della Corradi; riflessioni rivolte sempre direttamente all'amico che le è stato sottratto da una morte improvvisa, inimmaginabile, per lei molto dolorosa. Così, commentando un’omelia del primo giugno 2019, l’amica ricorda due tempeste succedutesi in breve tempo ai nostri giorni: "Anas, qui ci siamo trovati di colpo dentro una nuova tempesta. Credevamo che la pandemia fosse il peggio. Invece una mattina ci siamo svegliati e i carri armati russi avevano invaso l’Ucraina. L’Ucraina, Europa. Per me è stato come vedere un antico dinosauro che pareva morto disseppellirsi dalla sabbia, alzare la testa di drago e rimettersi in cammino, minaccioso”.
Nelle pagine di Anas predomina il monito agli sposi perché sappiano vicendevolmente stimarsi come il bene che Dio fa loro incontrare per condurli a Sé, poiché Dio è unico vero bene che può compiere l’innato e inestirpabile desiderio di felicità: “La persona che amiamo è il segno dell’essere che ‘ci sta vivendo’, del Mistero che fa tutte le cose, di quel Dio grande e potente che dona la vita a ciascuno di noi, sempre, anche in questo momento. Senza umanità vissuta, senza passione per il particolare che ci viene donato, non possiamo intuire come e quanto ci ama Colui che del dono è l’autore. Se invece scopriamo la grandezza di ciò che ci è donato… allora possiamo e vogliamo vivere, come San Paolo, ‘prigionieri a motivo del Signore’. Prigionieri dell’amore e della gratuità sconfinata del Padre”. Anas esorta spesso gli sposi alla riconoscenza verso i genitori e gli amici, alla gratitudine per la storia (spesso imprevedibile, apparentemente casuale) che ha consentito loro di incontrarsi, alla mansuetudine, alla tenerezza, al perdono, al saper abbracciare i sacrifici perchè, “quando si comprende che essi sono necessari per non perdere la bellezza della strada iniziata”, diventano “amabili”. Raccomanda poi a Sofia e Riccardo uniti il 9 maggio 2020 nel ‘grande gesto’ che ‘permette a Dio di trasformare il loro amore in un ‘per sempre’: “Non dimenticate il vostro desiderio! Non scordate mai, anche nel futuro, la grandezza della vostra attesa”.
Nelle considerazioni di Marina affiorano spesso un travaglio, delle domande che rimangono aperte, la confessione di profonde ferite non totalmente rimarginare, come nel ricordo della mamma: “Sai, Anas, per me la storia di mia madre, Annamaria, è la pietra di inciampo. Aveva tre figli, e quando mia sorella maggiore le morì di cancro, a 14 anni, per il dolore impazzì. Quanto, quanto, di notte, di giorno, accanto a Lucetta sempre più pallida mia madre aveva pregato. Pregava invece di dormire. Ma Dio non l’ha ascoltata. Io, bambina, ho visto insorgere in lei, oltre al dolore, la rabbia. Un’atroce rabbia, lo capisco ora, perché Dio l’aveva tradita. E in questa rabbia prese ad odiare tutti noi, a cacciarci via, e restò sola. Non tornò mai più quella di prima. Si era trovata a un bivio: ribellarsi, o accettare la misteriosa, e talvolta spaventevole, volontà di Dio. Il dramma di mia madre è per me, sempre, uno scandalo. A volte mi chiedo cosa sarebbe stata la sua vita se, infine, umilmente, avesse pronunciato il suo ‘sì’. Se si fosse arresa, e fosse diventata “prigioniera di Cristo’. A volte mi chiedo se ai figli non sia chiesto di compiere quell’umiltà, cui i genitori non si sono chinati”.
Non manca però nella Corradi la luce della fede, la consapevolezza che la vita è comunque cammino verso un destino di felicità, né manca la gratitudine per la strada percorsa. Riflette perciò anche sul suo matrimonio: “Eravamo uno zoppo e un cieco, anzi una cieca… Ci sposammo, e nei primi anni il nostro matrimonio era davvero smarrito e incerto… poi la nascita dei figli ci legò e ci rese più forti… La nostra malinconia resta – e forse peggiora, ora che invecchiamo. Se mi volto indietro, trent’anni dopo, vedo però tre figli più forti di noi, e perfino un nipote. Degli amici che ci vogliono bene. E un nostro cercare Cristo che, pure negli affossamenti della depressione, tuttavia continua. Siamo ancora qui, noi due, com’è possibile? Credo perché eravamo davvero uno zoppo e un cieco, e sapevamo di esserlo, e non abbiamo mai pensato di essere ‘bravi’. Tanto meno di sentirci orgogliosi di noi. Due mendicanti, e quindi mendicavamo. Trent’anni che mendichiamo Cristo. Lui non ci ha abbandonati”.
(Gregorio Curto – 2023-03-06)
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