Questo sito non utilizza cookie di profilazione ma solo cookie tecnici ai fini del corretto funzionamento delle pagine.
Community » Forum » Recensioni
Milano : BUR, 2021
Abstract: Felipe Díaz Carrión lavora come tipografo nel paese dove vive da sempre, dove ha vissuto il padre assassinato dai fascisti di Franco, dove si è sposato e ha avuto due figli. Quando la stamperia entra in crisi, con la famiglia è costretto a emigrare: trova lavoro in una fabbrica del Nord, e inizia una nuova vita. Ma in questa nuova esistenza - in cui frutteti e montagna sono sostituiti da strade di polvere e fango - il figlio maggiore, Juan José, si avvicina a nuove pericolose compagnie, fino a sposare le tesi - e l'azione - del terrorismo basco, blindandosi in un'ottusa ideologia che lo porterà all'omicidio e al carcere. La vicenda del figlio dilania Felipe, che però ripercorre la storia di suo padre, e dal suo insegnamento di democrazia e non violenza trarrà la forza della salvezza. Una drammatica esperienza, la sua, come evidenzia Guadalupe Arbona Abascal nella postfazione, che è la vera protagonista del romanzo, al cui centro è il dolore di una famiglia devastata dall'ideologia e da una società ormai cieca attraversata dalla violenza.
27 agosto 2023 alle 12:16
Un sentiero, che conduce dalla casa situata nel paese al casolare presso l’orto, è il luogo privilegiato per le profonde riflessioni di Felipe Diaz Carrion, protagonista del romanzo. È un luogo anche simbolico, metafora della vita, che è sempre un cammino denso di imprevisti ed asperità, ma diretto a una meta dove chi non si è arreso troverà conforto e pace. Camminando lungo il sentiero Felipe osserva e contempla la natura: raccoglie i semi delle piante, è sorpreso da violenti temporali o infastidito dalla polvere, che si leva come una nube ad offuscare la vista. Poco distante dal casolare, sulla cima del Pedralen, una croce eretta nel 1977 ricorda a Felipe la tragica fine di suo padre, perseguitato ed infine ucciso dai suoi avversari politici.
Il protagonista del romanzo è un onesto lavoratore, sposato alla bella Asun, che le ha dato due figli: il primogenito Juanito e un secondogenito, chiamato (come il padre) Felipe. L’agitato contesto politico della Spagna del secondo Novecento, dilaniata dal terrorismo dell’ETA, non tarda a ripercuotersi nella famiglia Carrion: Felipe Diaz non può che constatare il rapido cambiamento di mentalità e di comportamento prima del suo secondogenito, poi della moglie, che si allontanano da casa, attratti dal miraggio di una giustizia da instaurarsi con la lotta armata. Il dramma della famiglia divisa e di un figlio perduto (atteso pazientemente, come nella parabola del padre misericordioso, ma mai tornato a casa) addolorano profondamente Felipe senior, che nulla può davanti all’insondabile mistero della libertà della persona, sempre aperta all’opzione del male. Felipe junior – questo è chiaro al padre - ha occhi che non vedono la realtà, offuscati dall’ideologia. Invano il padre ammonisce il suo secondogenito, assumendo toni concitati in un dialogo che alla fine non fa che esasperare i contrasti:
Sai che ti dico, che tuo padre sarà anche uno che non sa molte cose e tutto il poveraccio e la nullità che dici tu, ma c’è una cosa che sa ed è questa: che alcune cose sono giuste in questa vita e altre sono ingiuste… Che alcune cose sono verità, verità di quella buona, e altre non sono altro che pure menate e pessime fantasmagorie, e talune sono lecite e altre illecite, tollerabili le une e decisamente intollerabili le altre, come terrorizzare e intimidire e offendere la gente, per non parlare ovviamente di uccidere, uccidere chicchesia.
Dai giornali, con immenso sgomento e dolore, poco dopo Felipe Diaz viene a sapere in un primo tempo del rapimento di un noto economista e delle durissime condizioni nelle quali viene tenuto segregato, in una angusta e fredda cella; poi dell’uccisione da parte dell’ETA (e proprio dalla mano armata del suo Felipe di un professore e di altri due uomini, invisi all’organizzazione terroristica). Il padre è straziato da un dolore immenso che può solo crescere a dismisura, quando egli incontrerà in carcere il figlio assassino e, incapace di rivolgergli la parola, sarà ferito da una raffica di insulti.
Il dramma della libertà della persona, l’impenetrabilità della coscienza dell’individuo, il rischio corso da chi ha la responsabilità di educare: ecco tre elementi nei quali si dibatte Felipe Diaz, mentre ripensa al triste commino del suo primogenito e all’incontro con lui, nel carcere nel quale lo ha visto per l’ultima volta:
Tu te ne sei andato in giro con chi vuoi, gli avrei potuto dire, saprai tu quel che fai; hai visto o ti avranno detto quel che vuoi o quel che hai voluto credere, ma sapere, sapere davvero, quel che si dice sapere che aria tira o sapere il fatto tuo, di questo niente, figlio mio, di questo niente di niente. Provare una preoccupazione autentica o come un minimo sentore di vero tremito verso le persone o le cose, un rispetto anche dinanzi alle parole con le quali si parla delle persone o delle cose, di questo niente… Ci sono molte cose che non vanno a questo mondo, figliolo, avrei dovuto dirgli, molte, e alcune vanno ancor peggio, come diceva tuo nonno, ma possono sempre peggiorare molto di più per quanto vadano già male se le si vuol sistemare da dove è meglio non metter mano, se si vuole prendere un sentiero che si crede sia una meravigliosa scorciatoia e invece risulta non essere né una scorciatoia né un sentiero né porta da nessuna parte se non forse a precipitare prima o poi.
Non ha proprio pace il povero padre ferito, nel prolungarsi della sua riflessione:
Tanto si sarebbe messo a ridere, si diceva, di sicuro si sarebbe messo a ridere, glielo avessi detto quando glielo avessi detto e con il tono che fosse, a ridere e a insultarmi… Vero è che avrebbe potuto chiamare la polizia ai primi segnali, si diceva; ma come può uno accusare il proprio figlio e di cosa agli inizi. Questo ragazzo è un imbecille, avrebbe potuto dire alla guardie, questo ragazzo è un imbecille, ma sarà meglio che non vada più in là e diventi qualcos’altro. Ma come fa uno a denunciare un altro perché imbecille o dire a Dio che tutto questo è grottesco, che non è neppure tragico ma proprio grottesco, un rancore e una sfida stolti e grotteschi?
Dilaniato da questi pensieri, Felipe Diaz viene a trovarsi presso la croce in cima al Pedralen: ha davanti a sé un baratro nel quale potrebbe gettarsi facendo un passo avanti. Potrà però anche scegliere di fare un passo indietro, e poi altri passi indietro, di aprire gli occhi sulla realtà così com’è, tutta intera, dove ha pur sempre un Juanito che gli vuole bene. Il dramma della libertà si gioca proprio per ciascuno fino all’ultimo giorno, in ogni istante della vita.
(Gregorio Curto_2021-12-29)
1173 Messaggi in 1138 Discussioni di 160 utenti
Attualmente online: Ci sono 34 utenti online